Questo POST riporta, pari pari, TUTTO l'articolo apparso sul quoatidiano LIBERO in data 26 aprile 2014 (il link:Un onesto finanziare).
Leggete quanto ivi riportato e fatevene una ragione!
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OSSESSIONI NUMERI - Dietro alle verifiche ci sono enormi interessi economici: il dato del recupero dell’imposta serve a molti. Sia ai politici che ai finanzieri. Nella Guardia di Finanza il raggiungimento degli obiettivi legittima l’ottenimento dei premi incentivanti e gli stipendi stellari dei generali, che sono decine: uno per provincia, più uno per regione. Nel nostro Corpo esistono vere e proprie task-force che si occupano di fare previsioni di recupero d’imposta e a fine anno queste devono essere raggiunte, come se l’evasione fiscale si basasse su dei budget. Gli operatori sul territorio sono meno di chi elabora questa realtà virtuale, su 64 mila finanzieri siamo circa 4 mila a fare i controlli.
INDIETRO NON SI TORNA- A fine anno i generali chiedono il dato dell’imposta evasa constatata e lo confrontano con quello dell’anno prima. Il risultato non può essere inferiore a quello di 12 mesi prima. Se il dato scende bisogna dar conto al reparto centrale di Roma del perché si siano recuperati meno soldi e il comandante del reparto periferico rischia di vedersi bloccare la carriera. Per questo le nostre verifiche proseguono anche di fronte a evidenti illogicità. I nostri ufficiali parlano solo di numeri e quando hanno sentore di un risultato, magari per una previsione affrettata di un ispettore, corrono dai loro superiori anticipando che da quella verifica potrà venir fuori un certo risultato: a quel punto non si può più tornare indietro. Il verbale diventa subito una statistica, una voce acquisita e ufficiale di reddito non dichiarato.
Quando si prospetta un ventaglio di possibilità per risolvere una contestazione si concentrano le energie sempre su
quella che porta il risultato più alto. Che sarebbe poco grave se fosse la strada giusta. Ma spesso non lo è. Per la Finanza
quello che conta è il dio numero. Il nostro unico problema è come tirarlo fuori. Per riuscirci c’è un nuovo strumento infernale, la cosiddetta “mediana”, che va di gran moda tra gli ufficiali. La si pronuncia con rispetto e deferenza, anche perché da essa dipende la carriera di chi la evoca. Si tratta di uno studio fatto a tavolino, che stabilisce il valore medio della verifica necessario a raggiungere gli obiettivi, il tetto al di sotto del quale non si può andare. Se capiamo che in un’azienda il verbale sarà di entità inferiore alla mediana, derubrichiamo la verifica a controllo in modo che non entri nelle statistiche ufficiali.
Leggete quanto ivi riportato e fatevene una ragione!
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Confessioni di un finanziere. "Incasso tangenti per lo Stato"
Memorie di un finanziere della polizia tributaria. Si potrebbe intitolare così
il sorprendente documento esclusivo che state per leggere. Si tratta della
trascrizione, fedele alla lettera, del disarmante sfogo di un disincantato,
onesto e preparato maresciallo della Guardia di Finanza, impegnato da diversi
lustri nei temutissimi controlli alle imprese. L’uomo, di cui evitiamo di
indicare dati anagrafici e curriculum per non renderlo riconoscibile, ha
apparecchiato per Libero uno zibaldone di pensieri, suddiviso in capitoletti,
sul suo lavoro di tutti i giorni. Che per lui è diventato un tran tran
asfissiante, capace di condurlo quasi al rigetto. Il risultato è questa
spietata radiografia che stupisce e, in un certo senso, preoccupa di un
mestiere che tanto trambusto porta nelle vite degli italiani. Infatti in questo
sfogo il militare dipinge le ispezioni delle Fiamme gialle come un ineluttabile
meccanismo stritola-imprenditori il cui obiettivo non sarebbe una vera e sana
lotta alle frodi fiscali, ma una fantasiosa e famelica caccia al tesoro
indispensabile a lanciare le carriere di molti professionisti
dell’Antievasione. «Nel nostro lavoro ci sono forzature evidenti, a volte imbarazzanti»,
ammette con Libero il maresciallo. Che qui di seguito svela retroscena e
segreti dei controlli che intralciano ogni giorno il lavoro di centinaia di
imprenditori. Una lettura che potrebbe agitare qualcuno e far alzare il
sopracciglio ad altri. Ma a tutti deve essere chiaro che non di fiction si
tratta e che domani il nostro maresciallo e la sua pattuglia potrebbero bussare
alla vostra porta. Preparatevi a leggere il testo di questo finanziere raccolto
in esclusiva da Libero.
OSSESSIONI NUMERI - Dietro alle verifiche ci sono enormi interessi economici: il dato del recupero dell’imposta serve a molti. Sia ai politici che ai finanzieri. Nella Guardia di Finanza il raggiungimento degli obiettivi legittima l’ottenimento dei premi incentivanti e gli stipendi stellari dei generali, che sono decine: uno per provincia, più uno per regione. Nel nostro Corpo esistono vere e proprie task-force che si occupano di fare previsioni di recupero d’imposta e a fine anno queste devono essere raggiunte, come se l’evasione fiscale si basasse su dei budget. Gli operatori sul territorio sono meno di chi elabora questa realtà virtuale, su 64 mila finanzieri siamo circa 4 mila a fare i controlli.
INDIETRO NON SI TORNA- A fine anno i generali chiedono il dato dell’imposta evasa constatata e lo confrontano con quello dell’anno prima. Il risultato non può essere inferiore a quello di 12 mesi prima. Se il dato scende bisogna dar conto al reparto centrale di Roma del perché si siano recuperati meno soldi e il comandante del reparto periferico rischia di vedersi bloccare la carriera. Per questo le nostre verifiche proseguono anche di fronte a evidenti illogicità. I nostri ufficiali parlano solo di numeri e quando hanno sentore di un risultato, magari per una previsione affrettata di un ispettore, corrono dai loro superiori anticipando che da quella verifica potrà venir fuori un certo risultato: a quel punto non si può più tornare indietro. Il verbale diventa subito una statistica, una voce acquisita e ufficiale di reddito non dichiarato.
Quando si prospetta un ventaglio di possibilità per risolvere una contestazione si concentrano le energie sempre su
quella che porta il risultato più alto. Che sarebbe poco grave se fosse la strada giusta. Ma spesso non lo è. Per la Finanza
quello che conta è il dio numero. Il nostro unico problema è come tirarlo fuori. Per riuscirci c’è un nuovo strumento infernale, la cosiddetta “mediana”, che va di gran moda tra gli ufficiali. La si pronuncia con rispetto e deferenza, anche perché da essa dipende la carriera di chi la evoca. Si tratta di uno studio fatto a tavolino, che stabilisce il valore medio della verifica necessario a raggiungere gli obiettivi, il tetto al di sotto del quale non si può andare. Se capiamo che in un’azienda il verbale sarà di entità inferiore alla mediana, derubrichiamo la verifica a controllo in modo che non entri nelle statistiche ufficiali.
Alla Guardia di Finanza abbiamo uffici informatici che elaborano dati in
continuazione. Ma si tratta di numeri “drogati”, come lo sono quelli dei sequestri. Nei
magazzini dei cinesi ho visto colleghi registrare alla voce “giocattoli” ogni
singolo pallino delle pistole per bambini. Spesso questi servizi si fanno in
occasione delle feste natalizie, così passa l’informazione che sul territorio
c’è sicurezza.
Con questi numeri i generali si riempiono la bocca il 21 giugno, giorno della
festa del Corpo. Lo speaker spara cifre in
presenza di tutte le autorità, dei presidenti dei tribunali, dei politici, ecc. ecc. Quel giorno è un tripudio di dati pronunciato con voce stentorea: recuperata tot Iva, scovati tot milioni di redditi non dichiarati, arrestati x emittenti fatture false. Una festa!
presenza di tutte le autorità, dei presidenti dei tribunali, dei politici, ecc. ecc. Quel giorno è un tripudio di dati pronunciato con voce stentorea: recuperata tot Iva, scovati tot milioni di redditi non dichiarati, arrestati x emittenti fatture false. Una festa!
NORMATIVA ASTRUSA - La normativa tributaria
italiana è talmente ingarbugliata che si presta alla nostra logica del
risultato a ogni costo. Per noi è piuttosto semplice fare un rilievo visto che
siamo aiutati da questa legislazione astrusa e abnorme, spesso contradditoria e
conflittuale. Nel nostro Paese è quasi impossibile essere in regola e per chi
lo sembra ci prendiamo più tempo per spulciare ogni carta. Infatti
se una norma può apparire favorevole all'imprenditore, c’è sicuramente un’altra
interpretabile in maniera opposta. E in questo ci aiuta l’oceanica produzione
di sentenze, frutto di un eccessivo contenzioso. Un contratto, un’operazione
possono essere interpretati in mille modi e alla fine trovi sempre una sentenza
della Cassazione che ti permette di poter fondare un rilievo su basi giuridiche
certe. Questo è il Paese delle sentenze.
Analizzando un bilancio, un’imperfezione si
trova sempre. Magari per colpa dello stesso controllore che prima dice
all’imprenditore di comportarsi in un modo e poi in un altro, inducendolo in
errore. Per esempio, su nostro suggerimento, un’azienda non contabilizza più
certe spese come pubblicità (deducibili), ma come spese di rappresentanza
(deducibili solo in parte). Quindi arriva l’Agenzia delle Entrate e spiega che
quelle non sono né l'una né l’altra. A volte succede che qualcuno abbia già
subito un controllo, abbia aderito a un condono e, zac, arriviamo noi e
contestiamo lo stesso aspetto, ma in modo diverso. Dopo i primi anni nel Corpo
non ho più sentito di controlli chiusi con un nulla di fatto e in cui si torna
a casa senza aver contestato qualcosa. Alla fine chi lavora impazzisce.
CHI SBAGLIA NON PAGA - Come è possibile
tutto questo? Semplice: perché chi sbaglia non paga, ma anche perché chi
sbaglia non saprà mai di averlo fatto. Il motivo è semplice: noi non
comunichiamo con l’Agenzia delle Entrate e non sappiamo mai che fine facciano i
nostri verbali. Per questo se ho commesso un errore non lo verrò mai a sapere:
il nostro è solo un verbale di constatazione, a renderlo esecutivo è l’Agenzia
delle Entrate che lo trasforma in verbale di accertamento. Però raramente i nostri
colleghi civili bocciano il nostro lavoro, anzi questo non succede nel 99,9 per
cento delle situazioni. Si fidano di noi e, anche se sono molto più preparati,
nella maggior parte dei casi prendono il nostro verbale e lo notificano, tale e
quale, al contribuente. Quello che sappiamo per certo è che i nostri verbali,
giusti o sbagliati che siano, diventano numeri e quindi non ci interessa che
vengano annullati, tanto non ne verremo mai a conoscenza né saremo chiamati a
risponderne. Per noi resta un grosso risultato. E visto che nessuno paga per i
propri errori, il povero imprenditore continuerà a trovarsi ignaro in un
castello kafkiano fatto di norme e risultati da ottenere.
IIMPRESE SACRIFICALI- Gli imprenditori con noi
sono sempre gentili, ci accolgono con il caffè, sopportano di averci tra i
piedi per settimane, ma si capisce che vorrebbero dirci: scusateci, ma avremmo
pure da lavorare. A noi però questo non interessa: dobbiamo contestargli un
verbale a qualsiasi costo e quando bussiamo alla loro porta sappiamo che non
hanno praticamente speranza di salvezza. Per contrastare e contestare
questa trappola infernale l’imprenditore è costretto a pagare consulenti
costosissimi, ma noi rimaniamo sempre sulle nostre posizioni. A volte capita
che per provare a difendersi il presunto evasore chiami in soccorso come
consulenti ex finanzieri, ma spesso questo non gli evita la sanzione. Anzi.
Negli ultimi anni ho notato una certa
arrendevolezza da parte degli imprenditori: dopo un po’ si stancano. Capiscono,
e ce lo dicono, che tanto dovranno fare ricorso perché noi non cambieremo idea.
Per tutti questi motivi molti di loro costituiscono a inizio anno un fondo in
previsione della visita della Finanza. Sono coscienti che qualcosa dovranno
comunque pagare.
Chi fa veramente le grandi porcate, chi
apre e chiude partite Iva, emette false fatture o costituisce società di comodo
magari alle Cayman è molto più veloce di noi e per questo non lo incastriamo,
mentre azzanniamo quelli che operano sul territorio e che sono regolarmente
censiti nelle banche dati. Alla fine lo Stato colpisce sempre i soliti noti.
Non è una nostra volontà, ma dipende dal fatto che non abbiamo risorse per fare
la vera lotta all’evasione e in ogni caso dobbiamo fornire dei numeri al
ministero per poter legittimare la nostra esistenza come istituzione. Anche in
Europa.
TANGENTE DI STATO - L’imprenditore, se accetta
la proposta di adesione al verbale entro 60 giorni, paga solo un terzo di
quanto gli viene contestato e spesso salda anche se non lo ritiene giusto, per
togliersi il dente ed evitare ricorsi costosi (a volte più dei verbali) e sine
die. In pratica accetta di pagare una tangente allo Stato. Agli
imprenditori i ricorsi costano molto e se la commissione provinciale, il primo
grado della giustizia tributaria, dà ragione allo Stato, l’imprenditore prima
di ricorrere alla commissione regionale, il secondo grado, deve pagare metà del
dovuto. Per questo chi lavora spesso preferisce chiudere la partita all’inizio,
pagando un terzo.
GIUSTIZIA DA FARSA - Il contradditorio
tra Guardia di Finanza e imprenditori durante le verifiche è una farsa, perché
ognuno rimane sulla propria posizione, ma va fatto per legge. Nel
contradditorio gli imprenditori non hanno scampo: quel numero, quell’ipotesi di
evasione, ormai è stato venduto e non può più essere ridimensionato. È entrato
nel sistema e nelle nostre statistiche. A noi non interessa se magari dopo anni
quel verbale verrà annullato e non avrà prodotto alcun introito per lo Stato.
Le cose non vanno meglio con la giustizia
tributaria, gestita da commissioni composte da avvocati, commercialisti,
ufficiali della Finanza in pensione che fanno i giudici tributari gratuitamente
giusto per fare qualcosa o per sentirsi importanti. È incredibile, ma in Italia
il sistema economico-finanziario viene affidato a un servizio di
“volontariato”.
La verità è che un tale esercito di
volontari senza gratificazioni economiche non se la sente di cassare
completamente il lavoro di finanzieri e Agenzia delle Entrate e l’imprenditore
qualcosa deve sempre pagare. Difficilmente questi giudici per hobby danno torto
allo Stato.
L’assurdità è che vengono pagati 30-40 euro per motivare sentenze complesse che hanno come oggetto verbali da milioni di euro, scritti da marescialli aizzati dal sistema.
L’assurdità è che vengono pagati 30-40 euro per motivare sentenze complesse che hanno come oggetto verbali da milioni di euro, scritti da marescialli aizzati dal sistema.
FORMAZIONE ASSENTE - Il nostro vero problema è
la mancanza di specializzazione di un Corpo che cerca di riscattarsi nel modo
sbagliato, provando a portare a casa grandi risultati, sebbene “storti”. A
volte l’ignoranza aiuta a far montare un rilievo che non sta né in cielo né in
terra. Sulla nostra formazione non ho niente da dire, perché non esiste. Eppure
dobbiamo confrontarci con specialisti agguerriti, leggere documenti in lingue
straniere, e la gran parte di noi non sa una parola in inglese. Non ci forniscono
nemmeno i codici tributari aggiornati, mentre spendono milioni per farci
esercitare ai poligoni, visto che siamo inspiegabilmente ancora una polizia
militare, come solo in Equador e Portogallo. Un commercialista lavora 12
ore al giorno e si forma continuamente. Dall’altra parte della barricata c’è
gente come noi che non vede l’ora di scappare via dall’ufficio, dove spesso non
ha neppure a disposizione una scrivania o la deve condividere con altri
colleghi. In questo modo il lavoro diventa l’ultimo dei pensieri. I più bravi
vanno in pensione appena possono, per riciclarsi come professionisti al soldo
delle aziende. Ci vuole una fortissima motivazione per studiare una
materia terribile come il diritto tributario. Avvocati e commercialisti trovano
gli stimoli nelle parcelle, da noi un maresciallo con vent’anni di servizio
guadagna 1.700 euro. Gli incentivi li dobbiamo trovare dentro di noi, magari
pensando di sfruttare il sistema per trovare un altro lavoro. È illogico che un
mestiere così delicato, dove si contestano milioni di euro d’evasione, sia
affidato a gente sottopagata e impreparata. L’unico modo di tenersi aggiornati
è quello di studiare a proprie spese, pagandosi master e corsi. Purtroppo la
formazione è costosissima e spesso ci rinunciamo. È chiaro che un sistema del
genere presti il fianco al rischio della corruzione.
n più bisogna considerare che per noi le
verifiche sono particolarmente rischiose. In base alla mia esperienza non le
facciamo con la giusta professionalità, possiamo commettere errori in buona
fede, essere invischiati in fatti che neanche capiamo. Per esempio alcuni di
noi sono stati accusati di aver ammorbidito un verbale per un tornaconto, in
realtà lo avevano fatto per ignoranza e per questo ora quasi nessuno vuole più
fare questo tipo di lavoro.
RISORSE ALL'OSSO - I
nostri capi hanno budget di spesa sempre più ristretti. Nonostante ciò ogni
ufficiale deve portare a casa i risultati con i soldi e le pattuglie che ha.
Risultati almeno uguali a quelli dell’anno precedente. A causa di questa
mancanza di mezzi siamo costretti a portare via dalle aziende penne, risme di
carta, spillatrici. E secondo me gli imprenditori se ne accorgono, ma non
dicono nulla per compassione.
Onestamente gli ufficiali non sono responsabili di questa penuria di risorse, visto che i fondi destinati alla lotta all’evasione vengono decisi dai politici. Ma la frustrazione dei nostri superiori viene compensata da ottimi stipendi personali che lievitano grazie ai risultati conseguiti. Cosa che ovviamente non succede a noi.
Onestamente gli ufficiali non sono responsabili di questa penuria di risorse, visto che i fondi destinati alla lotta all’evasione vengono decisi dai politici. Ma la frustrazione dei nostri superiori viene compensata da ottimi stipendi personali che lievitano grazie ai risultati conseguiti. Cosa che ovviamente non succede a noi.
Nel nostro lavoro, la mattina, ammesso che
trovi una macchina libera, devi prima fare car-sharing e accompagnare diversi
colleghi ai reparti, quindi ti restano due o tre ore per fare visita a
un’azienda. Quando rientriamo da una verifica il nostro principale problema è
segnare sul registro quanti chilometri abbiamo fatto e quanta benzina abbiamo
consumato. Arriveremo al paradosso di fare le verifiche in ufficio a
contribuenti trovati su Google.
LONTANI DALLA REALTA' I nostri vertici sono lontani dalla realtà, sono convinti che noi facciamo
“lotta all'evasione”. C’è una distanza siderale tra chi sta in trincea, come
me, e chi vive nei salotti. Un maresciallo può parlare solo con il tenente e
non con i gradi superiori. Il nostro messaggio viene filtrato e arriva al
vertice completamente distorto. Nel nostro sistema militare non conta quello
che pensi del tuo lavoro, ma il grado che hai sulle spalle. L’ufficiale non va
a riferire al superiore se l’ispettore gli ha detto che un controllo potrebbe
non portare a niente. Al contrario insinua nei vertici la speranza che un
risultato arriverà. E così chi va in giro per aziende deve ingegnarsi per
trovare il cavillo che porti al risultato, solo per sentirsi dire bravo o per
una pacca sulla spalla. L’animo umano si accontenta di poco. In questa catena
di comando in cui tutti devono fare carriera non sono ammessi dubbi od
obiezioni, l’informazione reale resta a valle, al generale arriva quella
virtuale, il famoso “numero”. In nome del quale vengono immolati molti evasori
virtuali.”
Un commento finale: mutatis mutandis lo
stesso modo di operare avviene con l’Agenzia delle Entrate con l’unica
differenza che ai vertici invece di esserci dei militari ci sono dei civili.
Fintanto ci sarà questa situazione nulla di buono
potrà scaturire, saremo considerati sempre una nazione incivile che è governata
da gente dedita solo a celebrare la loro vanagloria
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