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UNA STORIA DI ORDINARIA FOLLIA

In questi giorni, in un qualsiasi studio di commercialista s’inizia a "far di conto".Purtroppo

non sono conti piacevoli, poiché bisogna calcolare le imposte, i contributi previdenziali, le addizionali e quant'altro prevede la caotica normativa fiscale italiana. Lo stress inizia nella consapevolezza che si può "anche" sbagliare, ma per l'inesorabile fisco italiano ciò non è previsto ovvero chi sbaglia paga e paga, oltre a quanto dovuto, sanzioni ed interessi per riparare l’offesa prodotta. E non finisce qui. I benpensanti radical chic starnazzeranno negli studi televisivi o i pennivendoli che si credono di avere etica superiore a tutti gli altri, indicheranno con la sicumera tipica degli stupidi, che il male italiano è l'evasione. In virtù di ciò chi ha la sfortuna di essere un lavoratore autonomo nel nostro Bel Paese (sic)  è cornuto e mazziato.
I dati riportati nel  prospetto in fondo al post  fanno riferimento ad un imprenditore con 6 dipendenti che consegue un ricavo annuo di 600.000,00 euro paga 185.000,00 euro tra stipendi, contributi.  Ha uno scoperto in banca di 50.000,00 euro sui quali tra commissioni ed interessi paga 9.000,00 euro.
Detraendo tutti i costi emerge un utile di 75.000,00. Il nostro sig. Rossi, chiede alla signorina dello studio un appuntamento per poter parlare "con il dottore per capire quanto dovrà pagare di tasse". 
Il conto che gli  presento è quello riportato. Dovrà pagare 52.500,00 euro di balzelli vari. Il costo tributario per questo imprenditore, per il 2012 è pari al 70% dell’utile prodotto!
L'obiezione che ricorre più spesso è la seguente: ma io quei soldi non li ho incassati, ho fatto gli scontrini, ho emesso le fatture, ho sempre fatto ciò che mi dice, molti clienti non mi hanno ancora pagato e non so se incasserò mai quei danari. Lo guardo con commiserazione sapendo di essere impotente. Provo un senso di vergogna e nello stesso tempo di disgusto nel vedere il mio interlocutore sbiancarsi in viso. “Ma io tutti questi soldi non li ho, come faccio?” Il meschino non sa che se non paga alle scadenze previste, arriverà un libello color carta da zucchero con la dicitura Equitalia, che richiederà tutto il dovuto, con sanzioni, interessi, e aggi per aver scomodato quest’Ufficio a far di conto. “E se non pago? “ - “sarai un perseguitato finché non saldi il tuo salatissimo conto”.
Il mio senso di frustrazione aumenta nel dire queste cose, ma poiché anch’io ho una dignità, gli nascondo un’altra atroce verità: almeno per il momento non gli comunico che dovrà pagare in aggiunta a quanto fin qui detto, ed entro il 30 novembre, il 90% dell’importo di cui sopra a titolo d’acconto.  Come credete che questo piccolo imprenditore possa giudicare l’attuale classe politica italiana? 
Chi ci governa è anni luce lontano dalla realtà quotidiana. Mi sovviene un vecchio ma attualissimo proverbio che dice "chi ha la pancia piena non crede a chi l'ha vuota!".
Mi fermo qui perché in me aumenta quel senso di dignità e di vergogna che mi contraddistingue, in evidente contrapposizione con chi, di questi sentimenti non conosce l'esistenza.  
Giudicate voi. L'unica cosa che posso garantire sono i numeri e i valori riportati che sono, ahimè, drammaticamente reali.



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